Bocca di rosa – Fabrizio De Andrè

SIGNIFICATO

INTERPRETAZIONE #1

Bocca di Rosa è una delle canzoni più famose di Fabrizio De André, nonché quella che, come ha dichiarato in un’intervista televisiva concessa a Vincenzo Mollica, il cantautore genovese considerava più cara e più vicina al suo modo di essere. A testimonianza di quanto questa canzone sia entrata nell’immaginario collettivo, si può citare il fatto che l’espressione “bocca di rosa” è entrata nel linguaggio comune, essendo usata – se pur erroneamente – come eufemismo di prostituta; erroneamente in quanto, in realtà, come si afferma nel testo: “Bocca di rosa né l’uno né l’altro, lei lo faceva per passione”, riferito all’amore.

Bocca di rosa parla della storia di una prostituta e del suo arrivo nel paese di Sant’Ilario. Tuttavia il termine prostituta non è così corretto. Come si legge nel testo “C’è chi l’amore lo fa per noia chi se lo sceglie per professione bocca di rosa né l’uno né l’altro lei lo faceva per passione”, era la passione visiva di questa donna, così lontana dalla chiusura del paese dove era arrivata ad essere additata prima ancora del suo operato. La chiusura di mentalità della società di Sant’Ilario porta a discriminare e indicare come figura in senso negativo Bocca di Rosa rivolgendosi direttamente “all’ordine costituito”, i carabinieri.

La descrizione di Bocca di Rosa fatta dalla zitella è palesemente dispregiativa e la indica come una prostituta: “quella schifosa ha già troppi clienti più di un consorzio alimentare”. De Andrè sottolinea il suo animo anarchico con la critica rivolta alle forze dell’ordine “Spesso gli sbirri e i carabinieri al proprio dovere vengono meno ma non quando sono in alta uniforme e l’accompagnarono al primo treno”.Nella versione più recente questa parte è stata modificata in “Il cuore tenero non è una dote di cui sian colmi i carabinieri ma quella volta a prendere il treno l’accompagnarono malvolentieri”. Nonostante l’azione portata avanti dalle comari del paesino alla stazione, spiega de andrè, c’erano tutti a salutare Bocca di Rosa. Forse si sono pentiti e hanno riconosciuto la forza, l’antipregiudizio e il cambiamento che aveva portato in paese Bocca di Rosa e tra questi, a riconoscere l’amore universale, quello vero che tanto riempie le pagine della Bibbia, anche il parroco. La canzone si conclude con delle parole perfette che riportano la religiosità personale di De Andrè. Come in tante sue canzoni la religione, i dogmi della chiesa e le immagini del cristianesimo sono presenti anche qua e alludono, secondo me, al dipinto di Tiziano “Amor sacro e amor profano” di Tiziano.

Il ritmo della canzone è veloce in entrambe le versioni. Nella prima versione (1967) è la chitarra a sottolineare la voce; nelle pause tra le strofe a battere il tempo è un tamburo dal rumore tipico di banda di paese insieme ad un flauto traverso. Nella versione più recente, grazie anche alla grande musicalità apportata dalla PFM il ritmo è ancor più marcato. L’inizio pare evocare l’aura di un paesino tranquillo all’inizio ma pronto alla rivoluzione man mano che il ritmo aumenta. Batteria, chitarre, flauti servono a marcare ancor di più la gravità delle accuse che le donne rivolgono a bocca di rosa. La musica allegra è una ballata scapestrata che pare limitare le accuse sproporzionate portate avanti dalle comari e marca ancora di più l’amore che Bocca di Rosa ha saputo risvegliare.

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