Il Pescatore – Fabrizio De Andrè

SPIEGAZIONE

INTERPRETAZIONE #1

È una delle ballate più emblematiche del De André, per così dire, primordiale, una sorta di manifesto per i personaggi “fuori”, cui si contrappone una volta di più la legge. L’incontro tra l’assassino e il pescatore avviene in maniera casuale e si consuma rapidamente, senza cerimonie e commenti, quasi nell’indifferenza; ma un’indifferenza di solidarietà e di sincerità che esulano dai comuni rapporti umani.

L’assassino si qualifica subito per quello che è e manifesta i propri bisogni primari senza cortesie o diplomazie. La reazione dell’interlocutore è sorprendente: esaudisce i desideri dell’assassino senza paura, senza far domande e senza far questione di principio, come fosse naturale aver a che fare con un omicida. Si riscoprono così le condizioni umane più semplici al di là di ogni convenzione e fanno capolino i ricordi dell’infanzia, dell’età dei giochi quando forse non c’era bisogno di trovare difese per far fronte al mondo. L’arrivo dei gendarmi, forse gli stessi che hanno impietosamente cacciato Bocca di rosa da Sant’Ilario, lascia impassibile il protagonista, che non si degna neppure di rispondere ed è già ripiombato nel suo sonno pomeridiano. La strofa finale coincide con quella iniziale e sta ad indicare un tempo non trascorso o comunque rimosso. Questa volta saranno i giustizieri a rimanere scornati perché non li si degna neppure di uno sguardo o di una risposta. Resta solo la specie di sorriso con cui il pescatore guarda sornione al mondo con l’aria di chi sa come.

INTERPRETAZIONE #2 (inviata dal nostro lettore Andrea L.)
Premessa: ognuno puo’ trovare in capolavori artistici, quale anche Il Pescatore, una propria spiegazione, quella che sente piu’ ‘naturale’ al proprio essere, quella piu’ inerente alla propria cultura. Nessuna interpretazione e’ “piu’ valida”, il fatto di essercene molteplici e’ la prova che un’opera d’arte e’ tale proprio perche’ sa parlare a tutti.

Mia spiegazione: a mio avviso e’ molto chiara, si tratta di un’eucarestia.
Il pescatore e’ metafora della chiesa di Cristo; non a caso, fra tanti possibili, De Andre’ ha scelto un pescatore, cioe’ cio’ che era Pietro e cio’ che Gesu’ ha rimodellato di lui facendolo “pescatore di uomini”, che significa ovviamente pescatore per uomini, non ‘abbindolatore’.

“L’ombra dell’ultimo sole” non si riferisce solo al pescatore, ma e’ una metafora della vita: siamo al crepuscolo della vita di un pescatore, un pescatore che ha si’ il viso segnato dalle fatiche della vita, ma in lui non sono una ruga, una ferita, bensi’ qualcosa di bello, di difficile da definire, qualcosa che e’ “come una specie di sorriso”.

L’assassino che lo incontra e’ anch’egli una persona al crepuscolo della vita (un tema spesso frequente nelle canzoni di DeAndre’).
Incontra il pescatore, ha fiducia in lui e, cosa tutt’altro che normale per un latitante in fuga, gli confessa il proprio peccato. Impensabile, insensato, incomprensibile in un contesto solamente laico: avrebbe potuto semplicemente chiedergli da bere e da mangiare e scappare via di nuovo; oppure avrebbe potuto con la violenza obbligare il vecchio a dargli da mangiare.

A questa sofferenza interiore dell’interlocutore, il pescatore, riprendendosi dal torpore, agisce con quella che e’, a mio parere, la frase piu’ bella di tutta la canzone: “non si guardo’ neppure intorno”. E’ una frase apparentemente aneddotica, nulla aggiunge alla trama della canzone e invece dice tutto: il pescatore e’ in questo mondo, ma non di questo mondo, non si preoccupa di quanto c’e’ attorno in questo mondo, di cosa succeda, se per caso ci siano gendarmi nei paraggi, ma gli somministra il pane e il vino, inequivocabile metafora dell’eucarestia.

Un’eucarestia in cui ad una persona che “ha sete e fame” non gli si da’ semplicemente da riempirsi lo stomaco, ma quel molto di piu’ che e’ l’eucarestia. Solo un artista impareggiabile come DeAndre’ ha saputo trasmetterci questa possibile spiegazione, ancora una volta, con una frasetta apparentemente insignificante. Non ci dice banalmente che l’assassino mangio’ e si sazio’, De Andre’ ci consegna un momento mistico definendo quel pane spezzato e quel vino condiviso con la frase “e fu il Calore di un momento”. Ho io volutamente scritto la parola Calore in maiuscolo proprio perche’ l’assassino non riceve solo da mangiare e da bere come in un McDonald, riceve una solidarieta’  e, appunto, un “calore” dal pescatore, che non lo condanna ma che gli da’ proprio il calore della propria vicinanza, quella vicinanza e calore umano che l’assassino non ha avuto da piccolo, mentre ripensa a quando giocava da bambino in cortile, in Aprile.
Anche il mese di Aprile penso non sia stato scelto solo per far una rima con “cortile” ma proprio perche’ e’ il mese della Pasqua, il mese in cui si spezza il pane e il vino. E’ quindi semmai il contrario: e’ alla luce dell’Aprile, metafora della Pasqua, che l’assassino rilegge il proprio passato, cosi’ come fecero i primi apostoli, cosi’ come fa oggi ogni cristiano.

Il finale della canzone e’ forse il piu’ semplice.
DeAndre’ ci mostra, successivamente all’incontro del pescatore con l’assassino, quello del pescatore col potere mondano, il potere laico. Un potere quasi irriso che si presenta davanti ad un inerme pescatore a cavallo e con le armi.
Il pescatore non giudica il potere laico, non e’ nemmeno un fiancheggiatore di assassini. Il pescatore non risponde nemmeno ai “due gendarmi” semplicemente perche’ fra lui e loro non c’e’ niente da dirsi.

INTERPRETAZIONE #3 (inviata dal nostro lettore Giovanni F.)

La canzone narra di un giovane assassiono che si reca ad una spiaggia dove si trova un vecchio pescatore, in cerca di aiuto. Arrivato dal pescatore, il giovane gli rivela di essere un assassino, e che ha sete e fame.
Il vecchio pescatore, quasi non avesse colto il fatto che si trovava di fronte un assassino, senza guardarsi neppure intorno, versa il vino e spezza il pane per chi dice ho sete, ho fame. Questo gesto é un forte richiamo a Gesù, che nella sua ultima cena versa il vino e spezza il pane, anche per chi lo tradirà. E fu il calore di un momento, perché questo é un gesto che porta calore, che riscalda il cuore.
Poi via di nuovo verso il vento (il giovane corre via nel vento verso una nuova avventura), davanti agli occhi ancora il sole e dietro le spalle un pescatore, ma la memoria é già dolore. Già perché l’assassino prima di andarsene, per evitare che il vecchio possa compromettere la sua fuga, lo uccide, lasciandogli un solco lungo il viso. Eppure davanti agli occhi c’é ancora il sole, c’é ancora la possibilità di incontrare la retta via, quella che indica il vecchio con il suo gesto, e dietro alle spalle c’é un pescatore, che più che un fardello sulla coscienza é una guida. É già il rimpianto di un aprile giocato all’ombra di un cortile, il mese della Pasqua, della ressurrezione giocato in un cortile, senza esplorare ciò che c’é fuori.
Due gendarmi andarono alla spiaggia per chiedere al pescatore se da lì fosse passato un assassino. Ma all’ombra dell’ultimo sole ( ovvero la fine della vita) si era assopito un pescatore, che aveva un solco lungo il viso come una specie di sorriso. Questo solco é quello che gli ha fatto l’assassino quando lo ha ucciso. Ma perché il sorriso?
Perché il pescatore é morto felice, é morto sapendo di aver aiutato chi ne aveva bisogno, ma soprattutto consapevole di aver dato la possibilità ad un giovane di rifarsi.
La ripetizione della strofa finale anche all’inizio della canzone sta a significare che: ciò che é stato fatto dal vecchio pescatore non vale solo per questa vicenda, ma valeva anche prima e varrà dopo. Il messaggio di cui parlavo all’inizio, é molto importante, soprattutto adesso, che tutti i giorni arrivano in Italia persone bisognose di aiuto: aiutando chi ha bisogno, potremo vivere felici( non significa che se si aiuta si muore, come é accaduto al pescatore), e che se anche dovessimo morire, lo faremmo felici e con una specie di sorriso. Forse ripensando alla storia del pescatore sapremo fare la scelta giusta.

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