18 Till I Die – Bryan Adams

SIGNIFICATO

INTERPRETAZIONE #1 (inviata dal nostro lettore Il Pugile)
Ammettiamolo: Bryan Adams è un po’ un furbone paravento e assai spesso ha scritto testi concepiti al solo scopo di farli piacere alla massa. Bene, io sono parte della massa e mi sono fatto prendere anche io da questo testo, come volevasi dimostrare. Sarà la mia giovanissima età, ma fatto sta che mi ha fregato. We are humans after all, dicevano gli Europe, qualche tempo fa. Ma vabbè, non andiamo fuori tema.

Bryan aveva decisamente qualche anno in più di quanti io, che sono ancora uno sbarbatello, ne ho adesso quando scrisse questa canzone, ma è un testo che mi calza a pennello, perché 18 til I die è un motto da sempre inconsciamente mio, anche da prima che scoprissi questo pezzo e mi entrasse in circolo. Di anni adesso ne ho non molti di più di 18, e dunque vivo quegli stessi interessi tipici dell’età, mi diverto e mi emoziono facendo le stesse, semplici e spontanee cose che tanti miei coetanei, e poco più o poco meno, vivono e fanno. Ma chi è più maturo, cosa proverebbe ascoltando questo brano? Quali sensazioni potrebbero invadere il suo animo? Per rispondere, provo a immaginare me stesso un po’ più ‘stagionato’, nemmeno poi tanto, mi immagino appena trentenne e in ascolto della canzone, ed ecco, sapete quando state facendo una cosa che vi piace veramente? Quando perdete il contatto con lo scorrere del tempo e in quel momento non vi interessa nient’altro? Perlomeno, questo è il mio parametro futuro, pensato con il senno di adesso.

Questa è per me la vera gioventù, a prescindere dall’anagrafe o dall’aspetto esteriore: divertirsi e stare bene con le proprie passioni, con le cose semplici e sincere e non perdere la curiosità. Ecco cos’è per me l’18 till I die, oggi che ho 22 anni e ciò che vorrei sempre rimanesse anche quando ne avrò 40, o 60, o 80, se arriverò ad averli. Quelle stesse emozioni che ora sento quando faccio musica con i compagni in una band, quando rincorro un pallone in una partitella con gli amici, quando ascolto un disco che mi emoziona, quando lancio per aria il joypad della Playstation perché ho perso dal mio fratellino più piccolo e lesto di me, quando salgo sul ring per combattere in un incontro di Boxe, la mia grande passione, o quando esco con i miei amici più fidati, vorrei restassero intatte anche quando, fra qualche anno, più carico e maturo di anni e di esperienze, forse più calvo e sicuramente più canuto, riascolterò questo brano e ricorderò con nostalgia e rimpianto le passate esperienze.

E poi c’è la musica, l’aspetto prettamente sonoro di questa canzone, che mi piace pure parecchio ma, onestamente, se fosse associata a un testo diverso da questo, non lo troverei particolarmente entusiasmante. Non c’è molto da raccontare sul brano in sé, musicalmente. Abbastanza breve e direttissimo, con un bell’arpeggio e un ottimo riff in controtempo. Infine, degna di nota è la splendida linea vocale/testo, esempio di perfetta armonia tecnico-stilistica.
L’album omonimo, uscito nel 1996, ha venduto circa 5 milioni di copie in tutto il mondo.

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