Sirene – Fedez feat. Malika Ayane

SIGNIFICATO

INTERPRETAZIONE #1

Sirene è un pezzo estratto dall’album Pop-Hoolista di Fedez, uscito il 30 settembre 2014; in questo brano il rapper è accompagnato da Malika Ayane, che canta il ritornello.
Lo stesso Fedez, in un’intervista sul disco, fornisce la chiave per interpretare questo testo: “È un parallelismo tra le sirene di Ulisse e quelle della polizia e, più in largo, tra il mare e la società”. Come nella maggior parte dell’album non si risparmia nel criticare la situazione italiana del momento, uno stato in alto mare che rischia di affondare da un momento all’altro.
Il ritornello mostra, mischiando realtà e mitologia, le due facce delle sirene: sono affascinanti, ricche di bei colori, ma ti tengono sveglio la notte e senti la tensione come se fossero in arrivo per te. Sempre più persone sono con l’acqua alla gola e sognano le branchie, o un modo per poter restare a galla, ma nessuno ti da una mano: anzi, siamo circondati di squali da ogni parte e ci si accanisce con chi è più in difficoltà e non si riesce a difendere (Ti diranno mani in alto quando tu sei in alto mare)
La seconda strofa è un’incoraggiamento a non lasciarsi sommergere dalle circostanze resistere, a farsi forza cercando le cose belle e positive anche nella situazione difficile di questo periodo, le stelle marine in questo cielo di sassi.
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TESTO

Il loro canto tiene sveglia la città
Ugole di plexiglass
Stelle a intermittenza sulla boulevard
Arcobaleni in plastica
Stanno arrivando, e sono per te
Ti stanno chiamando, e vogliono te
Senti, stan cantando solo per te
Si stanno avvicinando

Il sogno più grande è permettersi di camminare sulle proprie gambe
Come le sirene
Iniezioni di fiducia, ma non trovano le vene
Coperte dalle squame, come le sirene
Mi devo rianimare in un paese non cosciente
Voglia di mal di mare, perchè non si muove niente
Bere come le sirene, come l’etilene, se conviene bene, sennò come viene, viene

Guardando l’aurora con le facce stanche
Con l’acqua alla gola sognando le branchie
Siamo soggetti all’usura del tempo
Ma ancora di più a quella delle banche
Se tocchi il fondo per forza risali
Ma spesso le perle son giù nei fondali
Davanti alla sfiga, apparire cordiali
Mai sanguinare davanti agli squali
Sono pesci grossi con palati fini
La realtà nuda e cruda, bikini e sashimi
Col mare, le falle, con i polpi vivi
Calmare le acque con i sedativi
È un circolo vizioso, non un circolo polare
Con più S35 che in battaglia navale
Più cerchi di nuotare, più ti vogliono affogare
Ti diranno mani in alto quando tu sei in alto mare

Stanno arrivando, e sono per te
Ti stanno chiamando, e vogliono te
Senti, stan cantando solo per te
Si stanno avvicinando

Ulisse si è legato per resistere
Tu devi resistere per non farti legare
Non devi annegare, ma ti devi allenare
Gare di resistenza a pubblico ufficiale
Posti di blocco posti al confine
Barricate, barriere coralline
Con gli sguardi bassi su un cielo di sassi, ti porta a guardare le stelle marine

Il loro canto tiene sveglia la città
Ugole di plexiglass
Stelle a intermittenza sulla boulevard
Arcobaleni in plastica
Stanno arrivando, e sono per te
Ti stanno chiamando, e vogliono te
Senti, stan cantando solo per te
Si stanno avvicinando

Una risposta a “Sirene – Fedez feat. Malika Ayane”

  1. Alessandro ha detto:

    Il testo offre uno spunto interessante, ma sviluppato superficialmente. Come dichiara lo stesso Fedez, viene istituito un paragone tra le sirene creature mitologiche e le sirene delle auto della polizia. Invero questo esiste già semanticamente, dal momento che gli apparecchi definiti “sirene” prendono il nome dalle ammalianti creature marine, giacché, come queste, hanno la capacità di attirare l’attenzione grazie al suono che emettono. Il ritornello insiste su questo parallelismo, ma non considera, o considera erroneamente, un aspetto fondamentale del canto delle sirene antiche, cioè il fatto che esse non arrivano né si avvicinano (volendo riprendere le parole del testo) al destinatario del loro canto, bensì esattamente il contrario: sono infatti gli uomini che, ammaliati da quella voce fino a perdere il senno, si appressano a chi poi li condannerà a morte. È per questo che Ulisse si fa legare, come racconta Omero nel libro XII dell’Odissea. Questa riflessione, se sviluppata, avrebbe potuto dare adito a considerazioni più profonde, come, ad esempio, il senso di colpa che pervade l’individuo fino a spingerlo di sua sponte davanti alla legge o all’autorità (rappresentata ovviamente dalla polizia). Ciò che segue è invece un discorso dai toni populisti, per quanto ben disposto in metrica. Si presenta infatti un’informe massa (o un individuo collettivo) oppressa da un non meglio identificato gruppo di potere, che grava su di essa come spada di Damocle, la quale nella prima strofa è descritta come disperata e che ha, stereotipicamente, come solo caduco conforto l’alcolismo (e, più oltre, i sedativi). Altro motivo stereotipo e populista è quello della suddetta massa soffocata (qui, giocoforza, annegata), la quale trova il bello, e perciò una speranza, solo quando tocca il fondo. Suggestiva l’immagine del “guardando l’aurora con le facce stanche”, demagogica quella del “siamo soggetti all’usura del tempo, ma ancora di più a quella delle banche”. Altri motivi triti quelli del fare buon viso a cattivo gioco e del mostrarsi forti coi forti. La strofa si conclude col motivo, già richiamato, della persecuzione ad opera di ignoti “potenti” sul povero innocente. La seconda strofa contiene un’esortazione a regire all’oppressione e al complotto, a cui, evidentemente, partecipano anche le forze armate. Si tace però su come debba avvenire questa reazione; del resto, a giudicare da quanto scritto in precedenza, l’autore stesso sembra non credervi molto, tantoché le uniche vie di fuga proposte sono quelle dell’alcol e dei sedativi. L’immagine finale delle stelle marine credo si ricolleghi a quella delle perle. Il punto di connessione tra ritornello e strofe è il continuo inseguimento, persecutorio ma al tempo stesso magnetico (come il canto delle sirene), che i “cattivi” (potenti e forze dell’ordine in combutta) operano ai danni dei più deboli, naturalmente sempre innocenti.

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